Famiglia Lucchini
Siamo un gruppo di famiglie che vive il carisma di Chiara Lubich della spiritualità dell’unità attraverso il percorso di Famiglie Nuove.
Qualche anno fa a M., una mamma del nostro gruppo, è stata diagnosticata una malattia grave. M. ha quindi affrontato due operazioni e le cure successive. Purtroppo, però, la malattia si è ripresentata più grave e da un anno a questa parte il cammino di questa famiglia si è fatto più faticoso e doloroso fino all’ultima tappa in cui M. ha lasciato il marito e il figlio di 9 anni.
Ricordando tanti momenti condivisi, che sono diventati sacri, ancora oggi ci provoca tanto dolore non poter sentire più la sua voce, la sua risata, il suo sorriso. Ma anche una grande gratitudine per esserci stati là, in quello STABAT.
Negli ultimi mesi la loro vita è diventata sempre più complicata. Abbiamo coinvolto tante famiglie nella preghiera. Ci siamo anche interrogati su come potevamo mettere in pratica quella frase “che tutti siano uno” e cercare nel concreto di alleviare il più possibile il fardello che dovevano portare.
Parlando con M., abbiamo percepito la sua difficoltà nel preparare, in maniera costante e diversificata, i pasti per la famiglia. Ci siamo, perciò, attivati per consegnare loro una volta alla settimana cibo pronto con ogni tipo di pietanza, da poter congelare.
L’Amore concreto ha fatto sì che il marito A. ogni volta che riceveva la “consegna” non finiva di ringraziare, stupito che qualcuno potesse pensare a loro in questo modo. M. gli diceva che quello che stava avvenendo tra le nostre famiglie era quello che Papa Francesco aveva detto in un’intervista a Fazio: “farsi carico degli altri”.
Chi poteva poi, si è reso disponibile per gli accompagnamenti alle terapie in ospedale. Per alcuni di noi ci sono stati “momenti forti”. Come L. che si è superata nella sua poca dimestichezza alla guida, per accompagnare M. in ospedale in un giorno in cui nessun altro riusciva ad esserci. Questo le ha permesso di passare la giornata con lei, pranzare in un bar avendo l'accortezza di farle tagliare a pezzettini un panino, perché ormai il braccio destro non riusciva più a muoverlo. Chiacchierare un po' di cose futili, un po' andando in profondità. Proprio in questi dialoghi profondi L. percepisce che la coppia ha bisogno di un momento per sé, in cui condividere paure, fatiche emozioni. Ognuno ha un proprio modo di vivere la sofferenza e c’è bisogno di sintonizzarsi. Allora L. propone loro di sfruttare un appuntamento per un esame nel tardo pomeriggio, per riuscire a riservarsi una cenetta a due. Loro colgono l’occasione e si organizzano perché qualcuno stia con il bambino. Dalla foto scattata in quella serata L. percepisce che si era ricreata la complicità necessaria per affrontare il cammino insieme. A. ci ha detto: “è stata l’ultima cena a due che abbiamo avuto, ci ha permesso di guardarci negli occhi, una bellissima serata”.
Anche adesso che M. è in cielo, l’amore di famiglia continua. M. aveva intuito che l’eredità più grande che lasciava risiedeva nei rapporti tra le persone, nelle relazioni. Ed è questa rete di vicinanza e di rapporti veri che supporta A. e il bambino nell’affrontare il dolore per il distacco.